La Corte di Cassazione ha ribadito recentemente (maggio 2017) che costituisce reato penale l’installazione, da parte del datore di lavoro, di telecamere per il controllo dei lavoratori, senza che detta installazione sia preceduta da un accordo con le RSU aziendali o da una autorizzazione da parte dell’Ispettorato del Lavoro.
I giudici hanno evidenziato come non sia sufficiente che i dipendenti abbiano dato il loro consenso scritto all’utilizzo di tale apparecchio.
Queste le motivazioni:
- Lo statuto dei lavoratori tutela un bene di natura collettiva e non individuale perché i singoli addetti non hanno forza per una trattativa alla pari;
- Lo stesso Garante della privacy ha più volte ritenuto illecito il trattamento dei dati personali effettuato tramite sistemi di videosorveglianza installati senza il rispetto dei vincoli procedurali previsti dall’art. 4, nonostante l’eventuale consenso dei singoli lavoratori;
- Tali considerazioni valgono sia per la versione dell’art. 4 antecedente al Jobs act, sia per il testo risultante dalle modifiche apportate con il D.Lgs n. 151/2015, in quanto entrambe le norme continuano a richiedere, fatti salvi casi particolari, l’accordo sindacale o l’autorizzazione amministrativa per l’installazione di strumenti di controllo a distanza.
Fonte: Armando Iovino
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